Le stragi e le sofferenze degli italiani nei campi di concentramento di Tito
di Roberto Menia
Borovnica: in sloveno significa mirtillo ma la dolcezza del fruttino blu stride con la storia tragica di quello che fu il peggiore dei campi di concentramento yugoslavi. Monsignor Santin, vescovo di Trieste e Capodistria, lo definì “l’inferno dei morti viventi”; un funzionario del Foreign Office britannico, nel 1946, dichiarò: “quanto sta avvenendo in Yugoslavia è comparabile a Dachau e Buchenwald”. Borovnica, una spianata ad una ventina di kilometri da Lubiana, fu la meta principale delle deportazioni dei prigionieri italiani dai territori occupati dall’esercito yugoslavo. Si trattava sia di militari sia di civili: tra i primi, migliaia di quelli che avevano…
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