Tsipras ha indetto un referendum e lo ha vinto, ma adesso vuole trattare perché sa che il suo paese non ha alternative. Ha voluto le dimissioni del suo ministro delle finanze, il duro delle trattative e ha messo al suo posto il capo negoziatore. Allora perché ha fatto il referendum se poi torna al punto di partenza? La verità è che l'euforia el referendum ha lasciato presto il posto alla dura realtà, fatta di banche in difficoltà di miliardi di debiti da restituire e di un paese in ginocchio, con orgoglio, ma sempre in ginocchio e che deve sperare nella Merkel
di Martina Gelardi
È lecito pensare che il risultato del referendum, oltre il 60 per cento dei voti a favore del no, segni uno spartiacque tra ciò che finora ha caratterizzato la politica europea, ovvero l’austerità e un nuovo corso, di cui Tsipras diverrà la guida, in cui verrà riscritta la gran parte delle regole. Così l’hanno intesa molti leader italiani dei partiti euroscettici, a partire da Beppe Grillo, passando per Vendola, per finire a Matteo Salvini. Per loro è una netta sconfitta dell’impostazione merkelliana dell’Europa e hanno riconosciuto in Tsipras il nuovo eroe capace di ribaltare lo status quo e di condurre…
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